36 anni fa Chernobyl. Nuove guerre, vecchie paure e nuove conoscenze. Ecco perché è importante continuare a studiare

36 anni fa Chernobyl. Nuove guerre, vecchie paure e nuove conoscenze. Ecco perché è importante continuare a studiare

di Ettore Meccia (Società Italiana di Mutagenesi Ambientale e GenomicaIstituto Superiore di Sanità)

Dall’inizio del conflitto in Ucraina il 24 febbraio 2022, la presenza di centrali termonucleari in uno scenario di guerra ha destato molta preoccupazione. Lo scorso 4 marzo la centrale di  Zaporizhzhia è stata colpita e danneggiata nel corso di un bombardamento, ma i danni sono stati limitati. Abbiamo ricevuto rassicurazioni tempestive sul fatto che le moderne centrali hanno struttura e sistemi di sicurezza adeguati a resistere a eventi bellici e sismici 1,2,3.

Il pensiero, però, è inevitabilmente andato al disastro di Chernobyl, di cui proprio un mese fa  ricorreva l’anniversario. Era il 26 aprile 1986 e l’Ucraina faceva ancora parte dell’Unione Sovietica. Oggi, dopo 36 anni, ritrovare Chernobyl in un teatro di guerra ci spinge a riflettere su quello che è successo e su quello che stiamo ancora scoprendo dopo tanti anni. 

Nassim Nicholas Taleb, matematico, esperto di eventi improbabili, nel suo libro “Il Cigno Nero, come l’improbabile governa la nostra vita” ci spiega che per quanto cerchiamo di metterci in sicurezza,  l’evento improbabile, il cigno nero, si verifica perché segue un percorso che di fatto non abbiamo saputo o potuto prevedere. Il disastro di Chernobyl è un caso esemplare. In base alle ricostruzioni degli avvenimenti di  quella notte, una concatenazione di eventi non previsti, come il malfunzionamento di un’altra centrale nucleare che costrinse i tecnici di Chernobyl a modificare le operazioni programmate in corso d’opera, si sommò ad una serie di eventi accaduti molto tempo prima e forse per questo non più considerati  (scelta di materiali, caratteristiche ed errori progettuali all’atto della costruzione della centrale) ed al fattore umano, imprevedibile per definizione. Trasformando in pochi secondi quello che doveva essere un test di sicurezza in una centrale che funzionava a pieno regime nel peggiore incidente della storia dell’energia nucleare.

Forse più che chiedersi se una centrale termonucleare resista a un bombardamento bisognerebbe chiedersi se la catena di eventi imprevedibili avvenuti in una notte tranquilla in un paese in pace abbia maggiore probabilità di verificarsi in un paese in cui è in corso una guerra. 

Per esempio sia per la centrale di Chernobyl che quella di  Zaporizhzhia sono state riferite preoccupazioni a causa di interruzioni dell’energia elettrica necessaria al raffreddamento dei reattori e  dei depositi di combustibile usato,  garantito in caso di emergenza dall’uso di generatori diesel e di carbone il cui rifornimento però è stato in pericolo a causa delle contingenze belliche4

I fatti di Chernobyl: cosa accadde quella notte

L’esplosione avvenuta la notte del 26 aprile 1986 scoperchiò il reattore n. 4 liberando una quantità di energia stimata pari a 400 volte la bomba di Hiroshima, l’afflusso improvviso di ossigeno  alimentò un incendio che disperse particelle radioattive per circa dieci giorni contaminando l’area circostante la centrale ma la nube radioattiva portata dal vento si estese su tutti i paesi europei. L’incidente infatti inizialmente taciuto dalle autorità sovietiche fu scoperto dal personale della centrale nucleare di Forsmark in Svezia, distante 1200 km. 

Fu delimitata e sgombrata un’area di esclusione (Chernobyl Exclusion Zone) di 2600 km2,  furono evacuate 116.000 persone che alla fine diventarono 350.000. Furono organizzate immediatamente squadre di pompieri e di militari per cercare di spegnere l’incendio, di riportare in sicurezza il reattore, di eliminare il materiale radioattivo fuoriuscito con l’esplosione e con l’incendio. Nel tempo fu costruito un “sarcofago” che proteggesse e schermasse ciò che restava del reattore.

Le conseguenze immediate del disastro nucleare

Al di là degli effetti immediati del calore estremo e delle ustioni al momento dell’esplosione, chi è esposto a livelli di radiazioni molto elevate (sopra 1 Gray, Gy)  va incontro a Sindrome Radioattiva Acuta. In base all’energia assorbita con l’esposizione, possono essere danneggiati  organi vitali come il cervello o il cuore, o i tessuti di organi funzionali come i polmoni, o l’occhio, la pelle. E possono essere danneggiati in modo più o meno reversibile i comparti cellulari proliferanti come l’epitelio intestinale, il midollo osseo ed  il comparto ematopoietico. Le conseguenze della Sindrome Radioattiva Acuta vanno dalla morte immediata o entro pochi giorni,  alla necessità di cure e trattamenti ospedalieri per ovviare agli effetti neurologici, ai disturbi gastrointestinali gravi, a infezioni ed emorragie, ad una risposta infiammatoria sistemica che può provocare una sindrome da disfunzione multiorgano5.

Si stima che, oltre a due persone che morirono entro le prime 24 ore in conseguenza dell’esplosione, 134 persone, tra i primi soccorritori,  presentarono sintomi di Sindrome Radioattiva Acuta di gravità variabile in funzione della dose assorbita. Di questi 28 morirono entro 4 mesi. 

Le cause della morte sono state mediamente una combinazione di fattori diversi, tutti causati dagli altri livelli di esposizione esterna a radiazioni, come la sindrome midollare con immunodeplezione e le infezioni concomitanti causate dalle ustioni. Più dettagli si possono trovare nel report UNSCEAR 2008.

Questi dettagli ci aiutano a capire che gli operatori con Sindrome Radioattiva Acuta intervenuti a Chernobyl hanno avuto necessità di cure e trattamenti sanitari in strutture specializzate con personale altamente qualificato che non sarebbero probabilmente possibili se un incidente analogo si verificasse in una situazione di guerra. Dall’inizio del conflitto in Ucraina molti pazienti oncologici sono stati trasferiti in altri paesi per poter ricevere le cure necessarie. 

Pur nella difficoltà di avere numeri affidabili a causa della portata dell’incidente,  della riservatezza e non accessibilità di molte informazioni, si stima che a  Chernobyl furono impiegati da 600.000 ad 800.000 liquidatori.  Quanti di questi siano morti per effetto diretto o indiretto delle radiazioni anche negli anni successivi è oggettivamente difficile da stimare, il numero va da 4.000 previsti dal WHO nel 2005 ai 125.000 suggeriti dall’organizzazione IPPNW (International Physicians for the Prevention of Nuclear War) e da ricercatori della Russian Academy of Sciences. 

Moltissime persone che non sono state esposte a livelli di radiazioni tali da provocare Sindrome Radioattiva Acuta perché più lontane dal luogo dell’incidente o perché intervenute in tempi successivi, hanno sicuramente subito danni da radiazioni ionizzanti a causa dei radionuclidi liberati dall’incendio (essenzialmente Iodio 131 e Cesio 137) e diffusi dal vento. 

In questi casi si è trattato dell’effetto combinato di esposizione esterna e di esposizione interna e l’effetto non è più deterministico ma stocastico. Ovvero le radiazioni ionizzanti danneggiano direttamente o indirettamente (tramite alcune modificazioni chimiche) il DNA inducendo mutazioni nei soggetti esposti che potranno manifestarsi dopo una fase di latenza in un aumento di tumori nella popolazione. 

Gli studi effettuati nei primi anni dopo l’incidente sulle popolazioni esposte sia in regioni  prossime alla centrale in Ucraina, Russia e Bielorussia sia in altri paesi raggiunti dalla nube radioattiva, hanno dimostrato un aumento indiscutibile di casi di carcinoma tiroideo tra coloro che all’epoca dell’esposizione erano in età infantile, con una forte suscettibilità legata all’età6

Studi più recenti  tuttavia, hanno dimostrato un’associazione tra l’esposizione prolungata a radiazione anche non ad alte dosi e un aumento dell’incidenza nel tumore del seno7, individuando anche l’età al momento dell’esposizione come fattore di suscettibilità. 

Sulle conseguenze dell’incidente di Chernobyl sono stati fatti molti studi epidemiologici, che hanno cercato di stabilire un’associazione tra l’esposizione alle radiazioni e l’incidenza di condizioni patologiche (essenzialmente tumori) nella popolazione esposta.  Fra l’altro sono studi che a volte hanno incontrato problemi dovuti a informazioni spesso non complete, a misure a volte imprecise della dose di radioattività ricevuta, alla difficoltà di ricostruire a posteriori l’esposizione ricevuta tramite elementi indiretti e riferiti, come l’area di residenza, il tipo di alimentazione, lo stile di vita. 

Nuove scoperte sugli effetti dell’incidente di Chernobyl 

Grazie ai progressi fatti dalla genomica negli ultimi anni come la capacità di sequenziamento dell’intero genoma a costi accessibili, iniziamo ad avere molte informazioni anche a livello molecolare, consentendo a chi si interessa di radiobiologia e di mutagenesi ambientale di capire effettivamente quali siano gli effetti di un evento come l’incidente di Chernobyl e quanto siano persistenti sia nell’ambiente che nell’organismo. 

Ecco cosa sappiamo di più oggi:

  1. L’effetto dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti nei tumori collegabili a Chernobyl è stato dovuto essenzialmente a rotture e riarrangiamenti dei cromosomi (in proporzione ai livelli di esposizione)  mentre in tumori non collegabili sono più frequenti mutazioni di singoli nucleotidi8. È quanto emerge dalla recente pubblicazione dei dati sul sequenziamento del DNA di 440 tumori della tiroide in soggetti esposti in utero o in età infantile a Iodio 131 liberato dall’incidente. È  importante notare che queste analisi sono state possibili solo perché nel 1998 qualcuno ha pensato di conservare campioni di tessuto creando la Chernobyl Tissue Bank immaginando o sperando che un giorno sarebbero serviti per fare ciò che in quel momento non era immaginabile.
  2. Un’altra scoperta recente è che anche quando non portano alla formazione di un tumore, le alterazioni cromosomiche da radiazioni ionizzanti possono rimanere come fattori di rischio persistente per tempi molto lunghi. È stato riportato, infatti, il caso di un soggetto esposto a dose elevata (>3 Gy) con Sindrome Radioattiva Acuta e danni al midollo osseo che a distanza di 33 anni dall’esposizione mostrava ancora aberrazioni cromosomiche persistenti nei linfociti del sangue periferico, evidentemente originati dalle cellule staminali danneggiate al momento dell’incidente9.
  3. Per quanto riguarda il timore di trasmissione ai figli degli effetti dell’esposizione, dal sequenziamento del genoma di 130 soggetti nati tra il 1987 e il 2002 da genitori sicuramente esposti a dosi variabili di radiazioni emerge che non vi è una maggiore frequenza di nuove mutazioni rispetto a persone non esposte 10.
  4. Per quanto riguarda invece l’effetto dei livelli di contaminazione attuale presenti nella Zona di Esclusione di Chernobyl (CEZ), che dal giorno dell’incidente non è più antropizzata ed è considerata come un’area di wilderness ritrovata, uno studio della variabilità genetica in popolazioni di rana Hyla orientalis che vivono nella zona ci conferma che dopo 36 anni si riscontra ancora un forte carico mutazionale negli animali presenti nella CEZ rispetto ad animali che vivono al di fuori. In particolare questo è evidente analizzando il DNA mitocondriale che non ha un sistema efficace di controllo e riparazione delle mutazioni 11

Cosa ci aspettiamo?

Attualmente il reattore n.4 della centrale nucleare di Chernobyl è coperto da una struttura ricostruita  nel 2016 che impedisce la fuoriuscita di materiale radioattivo e radiazioni  per un periodo stimato di 100 anni, ma deve essere costantemente controllato. A Maggio  2021 diverse fonti riferirono la preoccupazione della possibile ripresa di reazioni di fissione all’interno del materiale fuso in una stanza non accessibile del reattore 12 . Gli altri tre reattori sono stati spenti, sono nella seconda fase di disattivazione che dovrebbe essere completata nel 2025. Nella terza fase, prevista fino al 2045, si lascerà diminuire la radioattività della struttura, che sarà smantellata nella quarta fase la cui conclusione è prevista nel 2065 13,14

Nel frattempo la comunità scientifica continua a seguire e a controllare nel tempo gli effetti dell’incidente sulla salute dell’uomo e sull’ambiente con strumenti nuovi e più potenti, e continua a imparare da queste osservazioni che saranno preziose in caso di nuovi incidenti come lo sono state nel caso dell’incidente di Fukushima. O come gli studi degli effetti delle bombe di Hiroshima e Nagasaki lo furono per affrontare il disastro di Chernobyl. 

Nutriamo comunque la grande speranza che incidenti del genere dovuti ad errore umano oppure a deliberati atti bellici non abbiano mai più a verificarsi in nessuna circostanza per il bene del genere umano.

Bibliografia e sitografia

1 https://www.washingtonpost.com/climate-environment/2022/04/26/chernobyl-nuclear-anniversary-radioactivity-inspectors/

 2 https://www.nature.com/articles/d41586-022-00660-z

3 https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-67-iaea-director-general-statement-on-situation-in-ukraine

4 https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-19-iaea-director-general-statement-on-situation-in-ukraine

5 https://www.cdc.gov/nceh/radiation/emergencies/arsphysicianfactsheet.html

6 Hatch M, Ron E, Bouville A, Zablotska L, Howe G. 2005. The Chernobyl Disaster: Cancer following the Accident at the Chernobyl Nuclear Power Plant. Epidemiol Rev 27:56–66.

7 Rivkind N, Stepanenko V, Belukha I, Guenthoer J, Kopecky KJ, Kulikov S, Kurnosova I, Onstad L, Porter P, Shklovskiy-Kordi N, Troshin V, Voillequé P, Davis S. 2020. Female breast cancer risk in Bryansk Oblast, Russia, following prolonged low dose rate exposure to radiation from the Chernobyl power station accident. Int J Epidemiol 49:448–456.

8 Morton LM, Karyadi DM, Stewart C, Bogdanova TI, Dawson ET, Steinberg MK, Dai J, Hartley SW, Schonfeld SJ, Sampson JN, Maruvka YE, Kapoor V, Ramsden DA, Carvajal-Garcia J, Perou CM, Parker JS, Krznaric M, Yeager M, Boland JF, Hutchinson A, Hicks BD, Dagnall CL, Gastier-Foster JM, Bowen J, Lee O, Machiela MJ, Cahoon EK, Brenner A V., Mabuchi K, Drozdovitch V, Masiuk S, Chepurny M, Zurnadzhy LY, Hatch M, Berrington de Gonzalez A, Thomas GA, Tronko MD, Getz G, Chanock SJ. 2021. Radiation-related genomic profile of papillary thyroid carcinoma after the Chernobyl accident. Science (80- ) 372.

9 Nikitina V, Nugis V, Astrelina T, Zheglo D, Kobzeva I, Kozlova M, Galstyan I, Lomonosova E, Zhanataev A, Karaseva T, Samoylov AS. 2022. Pattern of chromosomal aberrations persisting over 30 years in a Chernobyl Nuclear Power Plant accident survivor: study using mFISH. J Radiat Res 63:202–212.

10 Yeager M, Machiela MJ, Kothiyal P, Dean M, Bodelon C, Suman S, Wang M, Mirabello L, Nelson CW, Zhou W, Palmer C, Ballew B, Colli LM, Freedman ND, Dagnall C, Hutchinson A, Vij V, Maruvka Y, Hatch M, Illienko I, Belayev Y, Nakamura N, Chumak V, Bakhanova E, Belyi D, Kryuchkov V, Golovanov I, Gudzenko N, Cahoon EK, Albert P, Drozdovitch V, Little MP, Mabuchi K, Stewart C, Getz G, Bazyka D, Berrington de Gonzalez A, Chanock SJ. 2021. Lack of transgenerational effects of ionizing radiation exposure from the Chernobyl accident. Science (80- ) 372:725–729.

11 Car C, Gilles A, Armant O, Burraco P, Beaugelin‐Seiller K, Gashchak S, Camilleri V, Cavalié I, Laloi P, Adam‐Guillermin C, Orizaola G, Bonzom J. 2022. Unusual evolution of tree frog populations in the Chernobyl exclusion zone. Evol Appl 15:203–219

12 https://www.science.org/content/article/nuclear-reactions-reawaken-chernobyl-reactor

13 https://www.power-technology.com/projects/chernobyl/ 

14 https://www.ebrd.com/what-we-do/sectors/nuclear-safety/chernobyl-decommissioning-power-plant.html