Antropologia, le risposte alle grandi e ataviche domande dell’umanità

Antropologia, le risposte alle grandi e ataviche domande dell’umanità

di Giorgio Manzi (P.O. di Antropologia alla Sapienza Università di Roma, S.c. dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Associazione Antropologica Italiana).

Intendiamo per Antropologia la disciplina scientifica che in inglese prende il nome di Physical Anthropology (malamente tradotto in italiano con Antropologia fisica) e con la quale ci riferiamo a quell’approccio euristico che, già nell’Ottocento, veniva a rappresentare lo studio della Storia Naturale dell’uomo.

Pertanto, l’Antropologia rappresenta una delle sfide più ardite della scienza e della conoscenza. Comporta infatti una potenziale circolarità tra l’osservatore (l’essere umano) e l’oggetto della sua osservazione (l’essere umano stesso). Nondimeno, i temi dell’antropologia sono di straordinaria attualità, proprio oggi che la popolazione mondiale ha quasi raggiunto gli otto miliardi di individui, distribuiti dappertutto, sempre più interconnessi e interdipendenti su scala globale, con grandi responsabilità nei confronti dell’intero pianeta. Alla luce di questa premessa si capisce quanto sia complesso dare una definizione o un significato precisi all’Antropologia.

Evoluzionismo, genetica e storia: gli ingredienti dell’Antropologia.

Dunque, comprendere meglio chi siamo, quale siano la nostra natura e il nostro posto nella natura, così come ricercare le origini della nostra variabilità biologica e culturale sono temi cruciali, oggi più di ieri, per poter affrontare le sfide che dobbiamo affrontare e che, peraltro, sono destinate ad aumentare in futuro.

Facendo nostre le parole di un grande biologo della prima metà del XX secolo – T.G. Dobzhansky: Nothing in biology makes sense except in the light of evolution (1973) – ci sentiamo incoraggiati a equiparare l’Antropologia (fisica) alla denominazione forse più attuale di Antropologia evoluzionistica. Tutt’oggi, però, non esiste (quantomeno non esiste in Italia) una consapevolezza diffusa riguardo ai legami che abbiamo con la nostra natura di Primati, cioè con le oltre 400 specie di lemuri e scimmie tuttora viventi, senza contare quelle estinte.

È bene sapere, invece, che esistono una quantità di caratteristiche che molti considerano esclusivamente nostre, ma che in realtà non lo sono, proprio perché le abbiamo in comune con gli altri Primati, viventi ed estinti. Condividiamo infatti con loro larga parte del patrimonio genetico. Sappiamo bene, ad esempio, che con gli scimpanzé abbiamo in comune circa il 98,5% del genoma. È d’altra parte probabile, anzi ovvio, che nella piccola frazione di genoma che ci rende diversi si nascondano informazioni genetiche importanti, anzi decisive, che sono perlopiù regolatrici dei processi di accrescimento e sviluppo. Sono dunque in grado di fare una notevole differenza in termini di caratteristiche del fenotipo, di funzionalità biologiche, di attitudini ecologiche, di capacità cognitive e di potenzialità sociali e culturali.

Antropologia fisica e Antropologia sociale: tappe e comportamenti cruciali che ci hanno reso come siamo.

Pensando alle caratteristiche più nostre acquisite nel corso dell’evoluzione, sono di particolare attualità sia la tendenza degli esseri umani a diffondersi geograficamente, sia la propensione di Homo sapiens a essere un formidabile “costruttore” di nuove nicchie ecologiche, alle quali costantemente ci adattiamo. Sono fra gli aspetti della nostra natura antropologica che vediamo in azione ancora oggi.

Osserviamo in effetti come gli esseri umani abbiano sempre conservato una costante tendenza a diffondersi e a mescolarsi, mantenendo l’unità della specie (malgrado la notevole espansione territoriale) e rendendo vano ogni tentativo di classificare la diversità umana in “razze” o, per meglio dire, in varietà geografiche. Allo stesso tempo, si può sostenere che siano stati i numeri della demografia (e lo siano ancor di più oggi) a essere cruciali per i grandi passaggi della storia, a partire dal tempo profondo della preistoria, quando prese avvio l’epoca che ormai molti chiamano Antropocene, il cui incedere è diventato ormai impetuoso. Anche per questo, da una ventina d’anni il termine è diventato sempre più popolare. Se da un lato ci allarma (giustamente), dall’altro ci interroga sul significato e sull’importanza di una scienza che si occupi della natura, delle origini e della variabilità di noi Homo sapiens: quella scienza che chiamiamo, appunto, Antropologia.