Cosa sappiamo (davvero) del farmaco anti-malaria che potrebbe curare il Covid-19

La clorochina citata da Didier Raoult sembra promettente, ma non c’è bisogno di precipitose dichiarazioni fatte senza mostrare dati solidi, né di false speranze alimentate prima che risultati ben controllati siano disponibili

di Enrico Bucci e Gennaro Ciliberto

| Articolo pubblicato su IlFoglio.it |

Circolano in queste ore le dichiarazioni di Didier Raoult, virologo francese presidente del polo malattie infettive di Marsiglia (consigliere di Macron per l’emergenza coronavirus; H-index di 144, un valore molto elevato, insomma, nell’indice di Hirsch, l’indicatore che quantifica la reale influenza di uno scienziato sulla sua comunità di riferimento), che entusiasticamente descrive i primi risultati ottenuti sui pazienti con la clorochina.

Chi ha letto quanto uno di noi ha scritto in precedenza sa che consideriamo la clorochina una molecola promettente, con un razionale solido e con qualche indicazione di efficacia proveniente dai trattamenti effettuati in Cina (su 100 pazienti, pubblicati il 15 ed il 18 febbraio, come abbiamo riportato altrove).

Tuttavia, per lavoro siamo abituati a valutare con rigore dati biomedici, risultati sperimentali e possibili iperboli scientifiche; pertanto, non possiamo fare a meno di osservare che:

• il virologo francese ha semplicemente fatto circolare un video di una sua presentazione, in cui dopo moltissime slides introduttive si arriva ad una ed una sola slide che presente i dati che avrebbe ottenuto sui pazienti, in una forma molto povera e preliminare;

• lo studio non è stato condotto in cieco e riguarda un gruppo molto piccolo di pazienti e al momento non è disponibile l’eventuale protocollo scientifico seguito, né il comitato etico che lo avrebbe approvato;

• non sappiamo nulla dello stato clinico dei pazienti, nemmeno se trattati e non trattati fossero in condizioni paragonabili;

• le dichiarazioni di Raoult sono premature e sopra le righe rispetto ai dati che ha effettivamente presentato, in linea con quello a cui ci ha abituato il personaggio, che è arrivato a negare persino l’evoluzione darwiniana in un suo libro;

• nelle condizioni attuali, le dichiarazioni di Raoult non aggiungono nulla a quanto già sapevamo sulla clorochina e sul suo potenziale nella lotta al COVID-19;

Ora, se qualcuno avesse diffuso su queste basi informazioni circa l’efficacia di un farmaco omeopatico o di un preparato della medicina tradizionale cinese contro il coronavirus, nessuno che non fosse affascinato dalla pseudomedicina avrebbe mai degnato di alcuna considerazione dei “risultati” come questi.

Anche in condizioni di emergenza quali quelle che ci troviamo a vivere, non possiamo adoperare uno standard doppio, e giudicare efficace un composto sulla base del principio di autorità e di prove che al momento non appaiono sostanziate dal necessario rigore metodologico.

Nella speranza che Raoult produca evidenze migliori di quelle mostrate, o che queste evidenze giungano da ulteriori sperimentazioni cliniche in questo momento in atto in varie parti del mondo per valutare la reale efficacia della clorochina, non possiamo che ribadire la nostra ferma fiducia nella ricerca scientifica che adotta standard e procedure sicure.

La clorochina è un farmaco promettente, ma non ha bisogno di precipitose dichiarazioni fatte senza mostrare dati solidi, né di false speranze alimentate prima che risultati ben controllati siano disponibili.

Prima i dati, poi i video e le dichiarazioni stampa: chiediamo anche alle testate giornalistiche italiane di fare proprio questo principio di sobrietà comunicativa, in un momento in cui le persone sono più che mai vulnerabili alla cattiva informazione.

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