Autore: Barbara Illi
Affiliazione: Istituto di Biologia e Patologia Molecolari, Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR), c/o Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”, Sapienza Università di Roma.
Email: barbara.illi@uniroma1.it
Introduzione
Il sopraggiungere dell’epidemia del nuovo Coronovirus (nominato prima “novel Coronavirus 2019 o 2019-nCoV, ora SARS-CoV-2, da Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2) nel tardo Dicembre del 2019 rappresenta ancora una grande sfida per la comunità scientifica. Si sta compiendo uno sforzo enorme per raccogliere il maggior numero di informazioni nel minor tempo possibile ed, infatti, da Gennaio 2020 ad oggi, sono stati pubblicati circa 10000 articoli scientifici sull’argomento.
Altre epidemie dovute a Coronavirus sono occorse negli ultimi 17 anni, l’epidemia di SARS e la “Middle East Respiratory Syndrome” (MERS), nel 2003 e nel 2012, rispettivamente. Tuttavia, queste due epidemie sono state così efficientemente controllate che i vaccini prodotti per limitarne la diffusione si sono rivelati inutili. SARS-CoV-2 (d’ora in poi semplicemente CoV-2) è per l’80% identico a suo fratello SARS-CoV.
Questi virus condividono anche molte caratteristiche biologiche, incluso il meccanismo e le proteine che usano per entrare nella cellula ospite.
Il meccanismo di replicazione e trascrizione del genoma di SARS-CoV-2 sembra comune a quello di altri Coronavirus. Allora, perché questo virus ha manifestazioni epidemiologiche e cliniche così diverse dagli altri Coronavirus?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo fare un passo indietro al meccanismo di replicazione e trascrizione dei Coronavirus.