La sicurezza dei vaccini: meno tempo si impiega a produrli, meno sono sicuri?

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di Barbara Illi.

L’approvazione dei primi vaccini per la Covid-19 ha acceso di nuovo i riflettori su un’annosa questione: i vaccini sono sicuri? La risposta è sì. Vediamo di seguito il perché.

Gli enti che vigilano sui farmaci e i criteri di approvazione di un vaccino.
I criteri di approvazione dei farmaci, quindi dei vaccini, da parte di enti come la Food and Drug Administration (FDA) per gli Stati Uniti, l’Agenzia Europea del Farmaco (European Medical Agency, EMA) per l’Unione Europea e, a livello nazionale, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sono molto stringenti, anche per quanto riguarda l’Autorizzazione per Uso di Emergenza (Emergency Use Authorization, EUA)

Questa è stata concessa da FDA per i vaccini Pfizer/BioNTech e moderna e dall’EMA, al momento, solo per il vaccino Pfizer/BioNTech. Il criterio principale alla base di un’EUA è accelerare l’impiego di farmaci quando non ci sono alternative per malattie che causino pericolo di vita. Il secondo criterio è l’efficacia: un farmaco viene approvato per uso emergenziale quando potrebbe essere efficace per prevenire e trattare una malattia o anche solo per mitigarne la violenza.

Il terzo criterio è il rapporto benefici/rischi: se i risultati delle sperimentazioni dimostrano che i benefici superano i rischi, le agenzie sono disposte a concedere un’EUA. Il quarto criterio è che non devono esserci valide alternative già approvate per la malattia in questione.

La sicurezza dell’operato degli enti e quindi dei prodotti per la salute umana messi in commercio è testimoniata dal “rapporto vaccini” per il 2019 dell’AIFA, che ha segnalato soltanto 6757 reazioni avverse su 22 milioni di dosi somministrate, 22 su 100.000 e tra queste solo 2,9 su 100.000 di seria entità. Tutte le reazioni avverse non hanno avuto impatto sul rapporto benefici/rischi dei vaccini.

L’iter di sperimentazione.
L’iter di sperimentazione dei vaccini è un’altra ragione per cui questi sono sicuri. Esso prevede una fase cosiddetta preclinica che consiste:
1) nell’individuazione di un bersaglio (di solito una tra le proteine sulla superficie del virus, dal momento che sono le prime che il nostro organismo incontra e sono “osservate speciali” del nostro sistema immunitario);
2) nella progettazione di una strategia per produrre questa proteina o farla produrre dalle cellule;
3) nei test di efficacia e sicurezza sugli animali;
4) nella produzione del candidato vaccino secondo la procedura GMP (Good Manufacturing Procedure o Norme di Buona Fabbricazione).

A questo punto, un vaccino è pronto per passare alla fase clinica dello studio (il “trial”). Un trial clinico è prevede tre fasi. La fase 1 coinvolge da 20 a 80 volontari sani e gli scopi primari sono la valutazione della minima dose efficace e degli eventi avversi. La fase 2 si amplia a circa 200-300 volontari e determina le dosi efficaci e la sicurezza del vaccino. La fase 3 recluta decine di migliaia di volontari e dà la prova definitiva di sicurezza ed efficacia.

Terminata la fase 3, l’ente produttore/sperimentatore chiede l’approvazione agli organi preposti alla sorveglianza e commercializzazione dei farmaci. Esiste poi una fase 4 di farmacosorveglianza il cui risultato è esemplificato proprio dal rapporto vaccini dell’AIFA citato sopra. Quanto descritto è un procedimento molto lungo. Per questo, la velocità con cui sono stati prodotti i vaccini contro la Covid-19 desta molta preoccupazione.

I vaccini per la Covid-19: meno tempo non vuol dire meno sicurezza
Ci sono importanti ragioni per cui questi vaccini sono stati prodotti e approvati a tempo di record. Uno dei colli di bottiglia di qualunque sperimentazione sono le risorse economiche che possono essere dedicate.

È evidente che in una situazione di emergenza come l’attuale pandemia le risorse sono state trovate e presto. Secondo, le tecnologie usate per produrre questi vaccini erano già esistenti. La “tecnologia dell’mRNA” dei vaccini Pfizer/BioNTech e moderna era già nota e la si sta utilizzando per preparare vaccini contro il virus Zika e dell’influenza e per trattare malattie come la fibrosi cistica.

La terza ragione è stato il sovrapporsi di alcune fasi della sperimentazione, ma nessuna di queste è stata saltata. Non appena disponibili i dati preclinici sugli animali è partita immediatamente la fase clinica 1 delle sperimentazioni. Incoraggiate dai primi risultati della fase 3 le industrie hanno fatto partire la produzione dei vaccini su larga scala, non senza rischio economico, poiché la fase 3 non era ancora terminata. Non da ultimo, quella che è stata data è un’EUA, uno dei cui principi è la valutazione del rapporto benefici/rischi.

In conclusione, qualunque vaccino autorizzato è sicuro, poiché, come spiegato sopra, le regole per la sua approvazione e commercializzazione sono molto rigorose. Nel caso dei vaccini per la Covid-19 qualche dubbio potrebbe, forse, essere lecito. Tuttavia, abbiamo ancora centinaia di morti al giorno in diversi Paesi del globo. Abbiamo forse scelta?