Risposta infiammatoria e suscettibilità a Covid-19

Blood sample tube positive with 2019-nCoV, novel coronavirus 201

M. D’Errico a*, P. Fortini a*, F. Marcon a*, E. Meccia a, E. Parlanti a*, B. Pascucci a,b*, V. Simonelli a
a. Dipartimento Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità
b. Istituto di Cristallografia, Consiglio Nazionale delle Ricerche
* Soci SIMAG

L’11 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato la pandemia da SARS-CoV-2. Alla data in cui scriviamo si contano 4.201.921 casi a livello globale (dati CSSE, Johns Hopkins University). Il numero effettivo dei casi potrebbe essere maggiore visto che una componente consistente della popolazione non presenta sintomi rilevanti. Il 10-15% delle persone infettate da SARS-CoV-2 presenta, invece, una sintomatologia più grave e necessita del ricovero in un reparto di terapia intensiva.
La severità dei sintomi da Covid-19 e, nei casi più gravi, il decesso sembrano essere strettamente associati all’età avanzata e/o alla presenza di comorbidità quali disfunzioni metaboliche, obesità, diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari [1]. L’epidemia, in paesi quali la Cina e l’Italia, ha avuto uno sviluppo particolarmente rapido in regioni ad intensa attività industriale suggerendo una possibile sinergia tra livelli elevati di particolato atmosferico (PM 10 e PM 2,5) ed infezione virale.
Questi fattori di rischio che mostrano una prevalenza diversa nei paesi colpiti dall’epidemia condividono l’induzione di uno stato infiammatorio cronico nel paziente o nel soggetto esposto.
D’altro canto, l’insorgere di sintomi più severi in Covid-19 (quali ad es. sindrome da distress respiratorio, tromboembolia polmonare e sindrome da insufficienza multiorgano) è associato all’innesco di una forte risposta infiammatoria [2,3].

Ruolo dell’invecchiamento nella letalità da Covid-19

Oltre il 95% dei decessi si è verificato in persone di età superiore ai 60 anni e più del 50% di tutti i decessi riguardano persone di età pari o superiore a 80 anni. La mortalità è stata associata anche ad altre comorbidità considerate malattie legate all’invecchiamento [3]. Durante l’invecchiamento vi è un’attivazione cronica, lieve ed aspecifica della risposta infiammatoria (inflammaging), determinata dall’attivazione continua del sistema immunitario innato che non distingue più tra estraneo e proprio [4].
Tra i meccanismi cellulari e molecolari alla base dell’inflammaging, l’accumulo di cellule senescenti gioca un ruolo fondamentale nell’attivazione della risposta infiammatoria mediata dal rilascio di varie citochine, in particolare l’interleuchina 6 (IL-6) [5]. Inoltre, il SARS-CoV-2, come altri virus a RNA, ha una maggiore efficienza di replicazione nelle cellule senescenti, soprattutto quelle polmonari, suggerendo che in pazienti anziani la secrezione di fattori infiammatori associati alla senescenza cellulare possa portare ad un decorso peggiore dell’infezione virale [6].

Ruolo dell’obesità nella letalità da Covid-19

Diversi studi hanno messo in correlazione l’obesità con una sintomatologia più severa ed un più alto tasso di mortalità causati da Covid-19, in accordo con quanto osservato nel caso di precedenti epidemie influenzali (“spagnola”, “asiatica”, “Hong Kong”, “Influenza A”) [7-9].
Come nelle persone anziane, le persone obese presentano uno squilibrio della risposta immunitaria innata e adattativa ed uno stato d’infiammazione cronica sterile e di basso grado che sfocia nella sindrome metabolica, una disfunzione caratterizzata da ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari, spesso riscontrate in soggetti obesi e nel 60% dei pazienti deceduti in Italia con Covid-19. Indipendentemente dalle possibili comorbidità riscontrate nei soggetti obesi, il tessuto adiposo è a tutti gli effetti un organo endocrino che, se in eccesso, produce citochine, quali TNF-δ, MCP-1 ed IL-6, innescando la risposta infiammatoria.
Questa cascata di eventi altera l’assetto metabolico del tessuto adiposo modificando la secrezione delle adipochine e portando all’aumento dei livelli di leptina (un ormone pro-infiammatorio) ed alla riduzione dei livelli di adiponectina (un ormone anti-infiammatorio).
Inoltre, le cellule del tessuto adiposo potrebbero essere particolarmente suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 dal momento che esprimono il recettore ACE2, considerato il principale recettore cellulare del virus, a livelli anche più alti del tessuto polmonare [10,11].
Infine, è stato riportato che le persone obese hanno solitamente un decorso più lungo della Covid-19, rispetto alle persone normopeso, imputabile ad un difetto della risposta immunitaria [8].

Ruolo dell’inquinamento atmosferico nella letalità da Covid-19

L’analisi della letalità (numero dei decessi rispetto ai casi positivi) di Covid-19 mostra frequenze più elevate in Emilia-Romagna e Lombardia rispetto alle altre regioni [12].
L’area compresa tra la Lombardia e l’Emilia-Romagna, in base alla concentrazione di cinque inquinanti atmosferici (PM10, PM2.5, O3, SO2 e NO2), è la zona con il più alto grado d’inquinamento atmosferico del nostro Paese [13].
Precedenti studi d’esposizione hanno dimostrato una forte associazione tra l’esposizione all’ inquinamento atmosferico e la mortalità [14]. Inoltre, le malattie correlate all’esposizione all’inquinamento atmosferico sono caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico [15].
Sia il PM 10 che il PM 2.5 portano, anche in soggetti sani, giovani e non fumatori, ad un’infiammazione sistemica con produzione di citochine pro-infiammatorie (PDGF, VEGF, TNF δ, IL-1 β ed IL-6) in modo correlato alla lunghezza dell’esposizione [16-18].
L’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico potrebbe quindi rendere i pazienti Covid-19 più suscettibili al forte stato infiammatorio indotto dal virus SARS-CoV-2 e modificare l’esito della malattia.

Conclusioni

Nel loro insieme queste osservazioni suggeriscono che l’invecchiamento, l’obesità e l’esposizione all’inquinamento atmosferico potrebbero aumentare la suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2 ed agli effetti dell’iper-attivazione del sistema immunitario innato indotta dal virus, in quanto la risposta infiammatoria indotta dai primi potrebbe sovrapporsi ed aumentare quella indotta dall’infezione virale.
Si ritiene che il virus SARS-CoV-2 prima di passare all’uomo avesse come “reservoir” naturale alcune specie di pipistrelli, in particolare Rhinolophus affinis, come altri Coronavirus e come del resto anche altri virus che hanno acquisito la capacità di infettare l’uomo (Ebolavirus, Marburg virus, Nipah virus, Hendra virus e MERS-CoV). Studi condotti nei pipistrelli mostrano come questi piccoli mammiferi siano in grado di tollerare la presenza di virus, per noi pericolosi, perché dotati di una risposta immunitaria molto attiva. D’altro canto l’adattamento al volo ed al conseguente metabolismo estremamente elevato, ha comportato l’adozione di meccanismi in grado di controllare la risposta infiammatoria come un’attivazione limitata dell’inflammosoma [19,20].
Quindi se, da un lato, un decorso più severo dell’infezione da SARS-CoV-2 è associato allo stato infiammatorio dei pazienti, dall’altro sappiamo che la tolleranza all’infezione virale è mediata da un innesco limitato della risposta infiammatoria. Non è sorprendente infatti che i farmaci più promettenti dal punto di vista terapeutico, in alternativa agli antivirali, abbiano come obiettivo proprio il controllo della risposta infiammatoria.

Bibliografia
1) Onder et al., “Case-Fatality Rate and Characteristics of Patients Dying in Relation to COVID-19 in Italy”, Jama, 2020.
2) Moore and June, “Cytokine release syndrome in severe COVID-19” Science, 2020.
3) Giamarellos-Bourboulis et al., “Complex Immune Dysregulation in COVID-19 Patients with Severe Respiratory Failure” Cell Host & Microbe, 2020.
4) Franceschi et al., ”Inflammaging An evolutionary perspective on Immunosenescence”, Ann. N.Y. Acad. Sci., 2000.
5) Malavolta et al., “Exploring the Relevance of Senotherapeutics for the Current SARS-CoV-2 Emergency and Similar Future Global Health Threats”, Cells, 2020.
6) Sargiacomo et al., “COVID-19 and chronological aging: senolytics and other anti-aging drugs for the treatment or prevention of corona virus infection?”, Aging, 2020.
7) Sattar et al., ”Obesity a Risk Factor for Severe COVID-19 Infection: Multiple Potential Mechanisms” Circulation, 2020.
8) Luzi and Radaelli, “Influenza and obesity: its odd relationship and the lessons for COVID-19 pandemic” Acta Diabetologica, 2020.
9) Report Gruppo di Sorveglianza COVID-19 ISS del 23 Aprile 2020.
10) Jia, X. et al., “Two Things about COVID-19 Might Need Attention”, Preprints 2020, 2020020315 (doi: 10.20944/preprints202002.0315.v1).
11) Kassir R., “Risk of COVID-19 for patients with obesity”, Obes Rev., 2020.
12) Epicentro “Sorveglianza integrata COVID-19 in Italia” del22 aprile 2020.
13) https://www.eea.europa.eu/data-and-maps/dashboards/air-quality-statistics
14) Cohen A.J.et al., “Estimates and 25-year Trends of the Global Burden of Disease Attributable to Ambient Air Pollution: An Analysis of Data From the Global Burden of Diseases Study 2015”, Lancet, 2017.
15) Hamanaka RB. and Mutlu GM., “Particulate Matter Air Pollution: Effects on the Cardiovascular System”, Front. Endocrinol., 2018.
16) Pope III C.A. et al., “Exposure to Fine Particulate Air Pollution Is AssociatedWith Endothelial Injury and Systemic Inflammation”, Circ. Res., 2016.
17) Tsai, D.H. et al., “Effects of short- and long-term exposures to particulate matteron inflammatory marker levels in the general population”, Environ. Sci. Pollut. Res. Int., 2019.
18) van Eeden SF. et al., “Cytokines Involved in the Systemic Inflammatory Response Induced by Exposure to Particulate Matter Air Pollutants (PM10)”,Am J Respir Crit Care Med., 2001.
19) Banerjee A. et al., “Novel Insights Into Immune Systemsof Bats”,Frontiers in Immunology, 2020.
20) Ahn M. et al., “Dampened NLRP3-mediated inflammation in batsand implications for a special viral reservoir host”,Nature Microbiology, 2019.

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