di Fiorella Lo Schiavo (Società Italiana di Biologia Vegetale)
Le tentazioni degli approcci antropomorfici
In questi ultimi anni stiamo assistendo al riemergere di una visione antropomorfica nel campo della biologia. Non è un’assoluta novità. Una visione Romantica della biologia era apparsa nel diciotto-diciannovesimo secolo in opposizione alla visione deterministica dell’universo di Cartesio e Newton, dettata esclusivamente dalle leggi della fisica. Questa visione “romantica”, codificata da Schelling nella sua “Filosofia della Natura”, sosteneva che la natura, la mente e lo spirito costituissero un unicum.
Oggi vediamo riemergere in biologia questo approccio antropomorfico che, in casi estremi, porta ad affermare che tutte le forme di vita, anche gli organismi più semplici come i procarioti, possiedano una coscienza. Questo ritorno a una visione Romantica della biologia sembra derivare da una giustificata preoccupazione del continuo degrado ecologico della terra con perdita di biodiversità, dallo sfruttamento eccessivo delle risorse del nostro pianeta e come conseguenza dei cambiamenti climatici.
In questo contesto si inserisce anche l’ipotesi di studio di una neurobiologia delle piante che si sta perseguendo in questi ultimi anni. I sostenitori affermano la presenza nelle piante di strutture equivalenti alle sinapsi animali, suggerendo una similarità con i neuroni e con il rilascio di neuro trasmettitori attraverso vescicole sinaptiche. Viene inoltre usato il termine “intelligenza” nel comportamento delle piante, per giungere, infine, ad adottare il termine “cognizione” collegato all’intelligenza e alla capacità di apprendimento.
La radice di una pianta non funziona da cervello
L’organo identificato in pianta per svolgere funzioni simili ad un cervello è la radice, in particolare, l’apice radicale che verrebbe considerato il centro di comando capace di integrare i segnali provenienti da varie parti dell’organismo vegetale e dall’ambiente. In realtà, la struttura della pianta, composta da moduli a sé stanti (fitomeri) che si ripetono, rappresenta un’organizzazione dell’organismo vegetale non conciliabile con la presenza di un unico cervello. Infatti anche le altre parti della pianta (apici vegetativi, foglie, frutti etc…) sono in grado di integrare i segnali provenienti dall’ambiente esterno e interno così da poter definire l’intera pianta come un centro di comando cervello-simile.
Le piante non si sono evolute per inseguire prede o fuggire i predatori
È bene non dimenticare il diverso percorso evolutivo e di adattamento ecologico delle piante e degli animali, che hanno risolto con modalità differenti come essere organismi multicellulari.
Le piante sono organismi foto-autotrofici, molto efficienti da un punto di vista energetico, rimasti sessili, ovvero ancorati al suolo senza capacità di movimento, e quindi capaci di tollerare gli inevitabili predatori.
Le piante non si sono evolute per inseguire prede o sfuggire ai predatori.
Sono collettori della luce solare, evolute competendo per la luce solare per coprire un’ampia superficie terrestre che realizzano attraverso una crescita indeterminata. La struttura modulare ben differenziata e ripetuta più e più volte durante la crescita e lo sviluppo di una pianta assicura che la predazione e i danni provocati dall’ambiente siano minimizzati perché i moduli sopravvissuti saranno in grado di rigenerare l’intero individuo.
Gli animali si sono adattati all’ambiente grazie all’evoluzione di un cervello capace di coscienza, emotività e intenzionalità
Gli animali sono organismi dotati di capacità di movimento grazie alla presenza di un sistema motorio composto di muscoli e di neuroni che svolgono una funzione di controllo. Si ritiene che i neuroni si siano evoluti negli animali circa 500 milioni di anni fa in concomitanza con la comparsa delle interazioni predatori-preda necessarie per procurarsi cibo.
Durante il processo di cefalizzazione, sofisticati organi di senso associati ad una complessa rete nervosa si sono concentrati ad una estremità dell’organismo per formare la regione della testa, un processo associato alla simmetria bilaterale. L’evoluzione della simmetria bilaterale ha a sua volta migliorato la mobilità richiesta per la ricerca di cibo, per le relazioni predatori-preda e per la riproduzione. L’evoluzione di un cervello capace di coscienza, di sensazioni emotive e di intenzionalità ha, ovviamente migliorato il processo di adattamento degli animali.
Le piante sono organismi straordinari ma non soffrono e non hanno coscienza
Riferirsi ai processi di adattamento delle piante all’ambiente interno ed esterno ricorrendo per analogia (non omologia) a strutture e meccanismi propri del sistema nervoso animale appaiono speculazioni che vanno ben oltre le evidenze scientifiche.
Non ci sono evidenze scientifiche che possano attribuire alle piante strutture con funzioni di sinapsi neuronali né sono presenti strutture complesse che definiscono un cervello con le sue proprietà. Quindi l’uso metaforico di parole come sinapsi-simili per alcune strutture delle piante o di cervello-simile riferendosi alla radice, a nostro avviso, non sono corrette né aiutano nello studio dei meccanismi di funzionamento delle piante.
L’unico risultato positivo di questo approccio è quello di attirare inizialmente una platea distratta e sensibilizzarla verso il mondo della biologia vegetale, con il rischio però di derive antiscientifiche. Non si può infatti giungere ad affermare che le piante cresciute in coltura idroponica soffrano perché non sono nel loro ambiente.
Tutti i biologi vegetali riconoscono le piante come organismi in grado di percepire e rispondere all’ambiente circostante con risposte complesse definite da programmi innati che si basano su informazioni genetiche acquisite attraverso la selezione naturale. Le piante, essendo sessili, hanno evoluto sistemi di percezione dell’ambiente esterno che consentono loro di recepire molti segnali chimici e fisici, probabilmente più di quanti siano recepiti dagli animali, organismi dotati di capacità di movimento. Le piante sono degli organismi con proprietà funzionali straordinarie anche se non hanno un alto livello di complessità neuronale richiesto per la coscienza propria degli animali.
Basterebbe solo ricordare che le piante sono capaci di convertire l’energia luminosa in energia chimica utilizzata per trasformare la CO2 e l’acqua in molecole di carbonio complesse che sostengono la vita degli organismi multicellulari presenti sulla terra. Non dobbiamo pretendere che siano anche consapevoli di fare ciò!